Il 18 giugno abbiamo il piacere di celebrare, nelle chiese avventiste, il Sabato del rifugiato, legato alla Giornata Mondiale del Rifugiato che ricorre il 20 giugno. Questa giornata è stata indetta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione degli oltre 82 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo. Sono persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni, che lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era la loro vita per cercare salvezza altrove.
Quest’anno la tematica ci ha fatto toccare con mano una realtà molto più vicina, il conflitto armato che si sta procrastinando nel territorio ucraino. Ogni guerra porta come risultato l’obbligo per milioni di persone di lasciare il proprio Paese. Molti di noi abbiamo avuto l’occasione di comprendere meglio la forza di resilienza e la complessità che deve affrontare chiunque lascia la sua terra in maniera forzata. Arrivare in un nuovo Paese presenta un incontro di culture, prospettive, sogni, racconti; ci sono tante sfide ma anche delle opportunità. Uno degli aspetti è la costruzione della fiducia attraverso il dialogo. Le comunità di fede hanno un ruolo importante in questo cammino, che si può tradurre in consapevolezza e azione concreta. In questa occasione incoraggiamo ad agire per creare una esperienza più ricca, solida e duratura nel tempo, offrendo alcuni spunti.
Conoscere l’altro: accogliere riconoscendo l’altro alla pari, capendo le diversità culturali ed esperienze di fede. I gruppi di fede sono spazi favorevoli per offrire uno spazio di ascolto considerato che sono promotori di unità e già attori chiavi nella prestazione di servizi per i rifugiati e i migranti. L’identità religiosa può essere un fattore di integrazione pacifica importante, particolarmente quando viene offerto uno spazio sicuro e di rispetto comune.
Creare opportunità di interazione positiva: i dirigenti possono diventare “messaggeri” e facilitatori in questa esperienza, coinvolgendo anche attivamente i rifugiati nei processi decisionali della vita comunitaria.
Le situazioni vanno adattate al contesto e alle esigenze specifiche. Costruiamo la fiducia nel dialogo, traducendo la solidarietà in maniera concreta e ispirandoci alle parole di Gesù: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25:35).
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