Veri

Il mio mercoledì mattina è dedicato alla cura dei cari.
Scopa, straccio e ramazza, vetril e chiacchiere leggere.
La mia mamma deambula con difficoltà, il ginocchio (quello buono) non funziona più a dovere.
L’altro, quello che scricchiolava, è stato sostituito da una protesi una quindicina d’anni fa.
Anche le mani tentennano e le parole e i pensieri non scorrono più fluenti come prima.
La volontà non manca, ci mancherebbe, lo spirito è pronto ma la carne si è indebolita.
Tutto pesa ora sulla schiena del mio papà che, l’altro giorno, volendo rendersi utile ha voluto passare l’aspirapolvere, si è accucciato e il peso sulla schiena ha fatto crac. «Che cosa ti piacerebbe mangiare mamma domani?». Pasta, scatolette, affettati, surgelati e formaggio, alla lunga stuccano.
Mercoledì scorso aspettavo una telefonata e sono rimasto in macchina, faceva freddo e ogni tanto ho dovuto accendere la ventola del riscaldamento per cercare un po’ di tepore. Fuori, ai lati del parcheggio ghiacciato, un gruppetto di persone stazionava sotto a una pensilina, battendo i piedi e portando alle labbra dei bicchieri bianchi di plastica. Nuvole di vapore acqueo e fumo di sigaretta rendevano il tutto ancora più surreale.

Un ragazzo rimane in disparte, fuori dalla tettoia.
Cappello di lana ben calcato, giaccone, sciarpa, le mani nude stringono i lacci di un borsone.
Attendono tutti che la porta scorrevole a vetro si apra all’orario stabilito e qualcuno distribuisca loro la dose di metadone. Alcuni del gruppo si accorgono di quello appartato e si staccanoper andargli incontro. Dai gesti si capisce che non lo conoscono, spostano il bicchiere quasi vuoto sulla sinistra e gli stringono la mano libera, nera.

Non credo l’altro capisca cosa gli stiano dicendo ma i gesti sono eloquenti e anche i sorrisi tra i colpi di tosse lo sono. Il più intraprendente e loquace lo abbraccia pure e poi fa un giro largo con il dito liberato dal mozzicone che cade sul marciapiede, quasi a dire: questo è anche il tuo gruppo, benvenuto. Abbasso il finestrino che fruscia immediatamente all’ingiù dopo il click, ora distinguo anche le parole:«Noi siamo sempre qua, se hai bisogno di qualcosa non farti problemi, noi ci siamo sempre».

L’essere umano, quando si ricorda di essere umano e non gioca a essere altro, è questo.
Siamo sempre qua, da millenni, alla ricerca spasmodica della verità ultima.
E la verità sulla nostra essenza comune è parcheggiata lì, fredda, fuori dal finestrino o nell’appartamentino riscaldato dei miei cari; è sbiascicata da uno che non è e non ha praticamente nulla: «Se hai bisogno di qualcosa non farti problemi, noi ci siamo sempre».
Solo se ci si riscopre poveri si arriva a essere almeno un po’ veri.

Davide Mozzato